Il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 – c.d. Decreto Cura Italia, è intervenuto in tutti gli ambiti colpiti dall’emergenza sanitaria e, all’art. 103, ha disposto la sospensione generalizzata dei termini ordinatori, perentori, propedeutici, endoprocedimentali, finali ed esecutivi, relativi allo svolgimento di procedimenti amministrativi su istanza di parte o d’ufficio, pendenti alla data del 23 febbraio 2020 o iniziati successivamente a tale data, per il periodo compreso tra il 23 febbraio 2020 ed il 15 aprile 2020.
Si tratta di una disposizione generica che ha subito sollevato tra gli operatori ed esperti di diritto la questione se le procedure di evidenza pubblica rientrano nella sospensione prevista.
La ratio che emerge dalla relazione illustrativa al Decreto (“evitare che la PA, nel periodo di riorganizzazione dell’attività lavorativa in ragione dello stato emergenziale, incorra in eventuali ritardi o nel formarsi del silenzio significativo”) – che sembra suggerire che la sospensione dei termini fosse stata pensata per gli ordinari procedimenti amministrativi, destinati ad incidere sulla posizione individuale di soggetti privati, titolari di interessi pretensivi (come nel caso di un’istanza di accesso agli atti o di richiesta di rilascio di un permesso di costruire) – e la specificità delle procedure di evidenza pubblica rispetto ai procedimenti amministrativi retti dalla Legge 241/1990 (le prime non rientrano nel novero dei procedimenti avviati ad istanza di parte o d’ufficio e non prevedono, se non in pochissimi casi, termini ordinatori o perentori), porterebbero ad escludere l’applicabilità della sospensione dei termini stabilita dall’art. 103 del Decreto Cura Italia alle procedure di evidenza pubblica.
Tuttavia, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti è di avviso contrario: con circolare del 23 marzo 2020, infatti, ha chiarito che la sospensione dei termini procedurali si applica “a tutti i procedimenti amministrativi e, dunque, anche alle procedure di appalto o di concessione disciplinate dal decreto legislativo 30 aprile 2016, n. 50”.
Tale intervento, seppur autorevole, ma contenuto in un atto interno non vincolante per le amministrazioni diverse da quelle destinatarie del chiarimento, ha comunque lasciato aperti molti dubbi che potrebbero causare incertezze e comportamenti contraddittori da parte delle stazioni appaltanti chiamate ad applicare la normativa emergenziale.
Si rende quindi necessario un approfondimento che guidi le amministrazioni ad un’applicazione razionale dell’art. 103 del Decreto Cura Italia in modo che sia possibile evitare, da un lato, il blocco totale dell’attività pubblica e, dall’altro lato, l’esposizione a contestazioni da parte di concorrenti delusi dall’esito della gara, che potrebbero lamentare l’impossibilità di partecipare e la violazione dell’art. 103 citato.
Nello specifico, potrà essere conveniente differenziare le molteplici situazioni che rientrerebbero – di norma – nella previsione dell’art. 103. Ad esempio, non possono essere trattati allo stesso modo termini stabiliti a favore del concorrente al 25 febbraio o al 14 aprile. Ancora, si potrà distinguere casi in cui è possibile espletare l’attività richiesta con modalità rispettose delle normative emergenziali e allo stesso tempo della concorrenza (ad esempio, con sedute della commissione gara aperte al pubblico da remoto). L’Amministrazione può tenere fede ai termini che si era prefissata per l’esame delle buste amministrative già ricevute e agli altri termini sollecitatori previsti, a suo carico, a garanzia di una celere conclusione della procedura, se è attrezzata per farlo. E ciò porta benefici ai concorrenti, che vedranno una gara concludersi presto.
Questi primi esempi – che possono essere declinati in una vera e propria casistica a disposizione delle stazioni appaltanti – dimostrano come le valutazioni dell’amministrazione che si auto-vincolasse ad applicare la circolare e sospendere i termini delle procedure di gara, dovranno essere motivate e ben circostanziate, anche per evitare impugnazioni.
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