C’è un conflitto tra legalità e imprenditorialità? Riflessioni a margine dell’incontro Ance, Roma, 25 settembre 2019, Presunzione di (non) colpevolezza.
C’è un conflitto tra legalità e imprenditorialità?
Questo quesito apparirebbe insensato se non avessimo in mente la tensione che esiste oggi nel rapporto tra istituzioni ed operatori economici. L’interrogativo nasce dalla ratio che appare ispirare la normativa, sia nel campo dei contratti pubblici sia in materia penale, orientata a punire, con diversi strumenti, comportamenti sospetti e presunte irregolarità, senza che il sospetto o l’irregolarità siano provati e accertati in maniera certa.
Si smarrisce così il senso di giustizia e aumenta, invece, quello di frustrazione, per non riuscire a far valere le proprie ragioni e per essere accusati e vilipesi senza aver commesso fatti criminali.
Nell’epoca della presunzione – presunzione di corruttibilità, di mafiosità, di malafede – il rapporto tra istituzione e cittadino si sgretola. La giustizia, si pensa, non è un bene che lo Stato sia in grado di offrire più. Conclusione, questa, che pericolosamente mina alle sue fondamenta lo Stato di diritto che dovrebbe avere come suo compito principale quello di proteggere i consociati, che rinunciano a farsi giustizia da sé confidando nella razionalità del diritto, come forma e contenuto del vivere sociale.
Invece, le implicazioni di una cultura legislativa che, anche in materia extra penale, suppone di regolare la convivenza sociale a partire dall’assunto che i soggetti dell’ordinamento debbano essere sorvegliati speciali perché, diversamente, porrebbero in essere condotte criminose, sono gravi per il significato più profondo del diritto e della legge.
Occorre che il legislatore rammenti che i consociati non sono i “nemici sociali”, non sono soggetti da spazzare via, ma sono le persone che compongono l’ordinamento, che danno senso al diritto.
Certo che non c’è conflitto tra legalità e imprenditorialità.
C’è invece conflitto tra un diritto che sia razionale strumento di unione sociale, accettato per il suo equilibrio e per la capacità di essere “giusto” e una legislazione che ostacola la crescita e contrasta con la logica frenando lo sviluppo e invitando alla ribellione.
E c’è anche un conflitto tra anguille e salmoni, come ha detto più volte l’ex Presidente del TAR, Angelo De Zotti: il legislatore italiano dei contratti pubblici ci costringe a fare come i salmoni, a nuotare faticosamente controcorrente, quello tedesco, invece, fa delle sue imprese e amministrazioni agili anguille.