Analisi di un istituto che oscilla, da sempre, tra l’esigenza di incentivare gli interventi di rilevanza pubblica e quella di evitare applicazioni discriminatorie
In attesa della tanto annunciata riforma del Testo Unico dell’Edilizia, c’è un istituto che, sin dalla sua introduzione, ha costituito uno dei principali incentivi alla realizzazione di opere pubbliche o di interesse generale; allo stesso tempo, tale speciale regime derogatorio ha richiesto interpretazioni restrittive della sussistenza dei suoi requisiti, allo scopo di evitare applicazioni discriminatorie o, addirittura, distorsive.
Si tratta dell’esonero dal contributo di costruzione di cui all’art. 17, comma 3, del D.P.R. n. 380/2001, il quale prevede, tra le varie ipotesi derogatorie, che il contribuito di costruzione non è dovuto “per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti“.
La ratio della disposizione
La ratio dell’esenzione in argomento è finalizzata, da un lato, ad agevolare l’esecuzione di opere dalle quali la collettività possa trarne utilità, dall’altro, ad evitare che il soggetto che interviene per l’istituzionale attuazione del pubblico interesse corrisponda un contributo che verrebbe a gravare, sia pure indirettamente, sulla stessa comunità che dovrebbe avvantaggiarsi dell’opera, atteso che il beneficio dello sgravio si traduce in un abbattimento dei costi a cui corrisponde un minore aggravio di oneri per gli utenti.
Trattandosi di deroghe al generale principio dell’onerosità del permesso di costruire (art. 11, comma 2, del D.P.R. n. 380/2001), le ipotesi di esonero sono tassative e di stretta interpretazione.
I requisiti di carattere oggettivo e soggettivo
La norma richiede due requisiti che devono entrambi concorrere per fondare lo speciale regime di gratuità dell’intervento, l’uno di carattere oggettivo, rappresentato dalle opere pubbliche o di interesse pubblico da cui la collettività possa trarre un utile o la cui fruizione, in via diretta o indiretta, soddisfi interessi generali, e l’altro di carattere soggettivo, costituito dalla presenza di un ente “istituzionalmente competente”, in qualità di soggetto realizzatore delle opere medesime.
L’interpretazione restrittiva del requisito soggettivo
Ci si è chiesto se, tra gli “enti istituzionalmente competenti”, oltre alle Amministrazioni pubbliche, possano essere ricompresi anche soggetti privati che agiscono per realizzare opere pubbliche o di interesse generale.
La giurisprudenza amministrativa ha risposto a tale quesito affermando che “l’opera può essere ricondotta pacificamente all’ente istituzionalmente competente anche qualora sia realizzata da un soggetto privato, purché ciò avvenga per conto di un ente pubblico di cui ne rappresenti, in buona sostanza, la longa manus” (Cons. Stato, sez. II, 12 marzo 2020, n. 1776).
Tuttavia, nel qualificare i soggetti privati quali “enti istituzionalmente competenti”, è stata fornita un’interpretazione restrittiva: “l’esenzione spetta soltanto qualora (come avviene nella concessione di opera pubblica e in altre analoghe figure organizzatorie) lo strumento contrattuale utilizzato consenta formalmente di imputare la realizzazione del bene direttamente all’ente per conto del quale il privato abbia operato” (Cons. Stato, sez. IV, 11 febbraio 2016, n. 595) e solo se le opere realizzate “sono destinate a pervenire nel patrimonio dell’Amministrazione stessa” (Cons. Stato, sez. V, 2 ottobre 2008, n. 4761).
I casi specifici desumibili dall’analisi della giurisprudenza
Dall’analisi della casistica oggetto di pronunce dei Giudici Amministrativi è possibile individuare alcune fattispecie che rientrano nell’ipotesi di esonero dal contributo di costruzione, mentre altre ne restano inevitabilmente escluse.
Tra i casi in cui è ammesso l’esonero rientrano certamente gli istituti della concessione di opera pubblica e del project financing, entrambi caratterizzati dal trasferimento, in tutto o in parte, al soggetto privato delle funzioni oggettivamente pubbliche necessarie per la realizzazione dell’opera (Cons. Stato, n. 1776/2020 cit.).
Il contributo di costruzione non è dovuto per la realizzazione di opere di urbanizzazione eseguite da privati, in attuazione di strumenti urbanistici (Cons. Stato, n. 595/2016 cit.), in quanto opere destinate ad entrare a far parte del patrimonio dell’ente.
Al contrario, sono stati esclusi casi in cui immobili destinati a soddisfare interessi generali sono stati realizzati da privati e soltanto in seguito alienati o locati ad una pubblica amministrazione (TAR Campania, Napoli, sez. II, 29 gennaio 2015, n. 516). Ancora, è stata ritenuta soggetta al pagamento del contributo di costruzione la realizzazione di un’opera da parte di un soggetto privo di finalità lucrative che opera in regime di accreditamento con il Sistema Sanitario Nazionale (TAR Lombardia, Milano, sez. II, 3 novembre 2016, n. 2011).
Insomma, vista l’interpretazione necessariamente restrittiva della norma derogatoria in commento, è bene analizzare nel concreto, caso per caso, la ricorrenza dei presupposti per l’applicazione dell’esonero dal contributo di costruzione per la realizzazione di opere pubbliche o di interesse generale.