L’aumento dei prezzi dei materiali da costruzione è un fatto oggettivo, sotto gli occhi di tutti, dei committenti di grandi infrastrutture così come di chi debba fare dei lavori in casa.
Talmente oggettivo che il legislatore ha rilevato “aumenti eccezionali dei prezzi di alcuni materiali da costruzione” ed è intervenuto con un paio di Decreti Legge: il primo, DL n. 73/2021, denominato Decreto Sostegni Bis, del maggio 2021, convertito con modificazioni dalla Legge n. 106/2021, e il secondo, il DL n. 4/2022, denominato Decreto Sostegni ter, del 27 gennaio scorso.
Entrambi i decreti si inquadrano nelle misure di sostegno connesse all’emergenza da Covid-19. Però il secondo decreto contiene previsioni che non paiono di grande aiuto, specialmente agli operatori che si siano trovati in difficoltà in questi anni per aver eseguito lavorazioni in condizioni di costo imprevedibilmente più alte di quelle offerte in gara. Vediamo il perché.
I due comparti della disciplina sulla revisione dei prezzi: il decreto Sostegni-ter fa da spartiacque
Ricostruire la disciplina applicabile alla revisione dei prezzi non è facilissimo. Idealmente si divide in due comparti: uno relativo ai contratti pubblici sottoscritti in esito a procedure poste in essere prima del 27 gennaio 2022 (data di entrata in vigore del Decreto sostegni ter), l’altro relativo ai contratti i cui bandi o avvisi siano pubblicati successivamente a quella data.
I contratti sottoscritti in esito a procedure indette prima del 27 gennaio 2022, che dunque sono stati colpiti dalle conseguenze della pandemia nel mentre erano in corso, per ora possono godere della compensazione solo con riferimento alle lavorazioni svolte nel primo semestre 2021, in attesa delle quantificazioni che riguarderanno il secondo semestre del medesimo anno, e sono esclusi dal regime di compensazioni previsto con il Decreto Sostegni ter.
La disciplina del Decreto Sostegni bis, riferita alle lavorazioni eseguite e contabilizzate nell’anno solare 2021, è piuttosto chiara: il procedimento di rilevazione dell’aumento del costo si basa su rilevazioni semestrali del MIMS, che avrebbe dovuto adottare un primo decreto contenente le valutazioni dei prezzi entro il 31 ottobre 2021 (il decreto è stato pubblicato invece in Gazzetta Ufficiale il 23 novembre scorso) e deve adottare il secondo entro il 31 marzo 2022 per accertare le variazioni percentuali dei “prezzi dei materiali da costrizione più significativi”.
La valutazione attinente alla rilevazione effettiva dei prezzi dei materiali nel periodo considerato, che compete appunto al MIMS, è molto delicata e deve essere svolta considerando vari fattori e con scientificità; perciò, recependo alcune contestazioni sollevate dalla imprese sul contenuto del primo Decreto MIMS (del novembre 2021), nel Decreto Sostegni ter è stato inserito un passaggio con l’ISTAT, che dovrà definire la metodologia di rilevazione delle variazioni dei prezzi dei materiali di costruzione.
Nel suo complesso, il meccanismo di sostegno funzionerà se le rilevazioni saranno complete e se saprà seguire il ritmo delle fluttuazioni dei prezzi, sempre che i listini delle stazioni appaltanti si aggiornino con pari velocità.
Sul quantum, è previsto che l’appaltatore ottenga una compensazione (appunto per le lavorazioni eseguite e contabilizzate nell’anno 2021) pari alle variazioni, in aumento o in diminuzione, dei prezzi rilevati nei decreti con riferimento alla data dell’offerta, da cui deve essere sottratta una percentuale diversa a seconda del periodo dell’offerta: 8% se l’offerta è stata presentata nel 2020, 10% se invece l’offerta ha data antecedente. Al netto della percentuale di alea come sopra indicata, la compensazione avviene per l’intero differenziale.
Cosa prevede il decreto Sostegni-ter
Il procedimento previsto dal DL Sostegni bis è semplice (link): la variazione percentuale è applicata alle quantità di materiale da costruzione contabilizzata nel semestre solare precedente al decreto per effetto del quale la variazione è riconosciuta, e calcolata, nei contratti a misura, sulla base delle quantità delle lavorazioni contabilizzate che contengono il singolo materiale considerato o, nei contratti a corpo, in relazione alle percentuali di avanzamento; in entrambi i casi, qualora il singolo materiale sia incluso in una lavorazione più ampia, il Direttore dei Lavori deve ricostruire l’incidenza quantitativa della componente soggetto ad aumento del prezzo. La circolare contenente le modalità operative del 25 novembre 2021 ha previsto che per ricostruire l’incidenza del materiale il Direttore dei Lavori possa riferirsi alle analisi della documentazione progettuale degli elaborati grafici allegata alla contabilità oppure, in mancanza, alle analisi desunte dai prezziari di riferimento.
Quanto alla documentazione che l’appaltatore deve fornire per ottenere la compensazione relativa ai due semestri 2021, il Decreto Sostegni ter ha introdotto una modifica al testo del DL Sostegni bis, specificando che “Ai fini dell’accesso al Fondo, i giustificativi da allegare alle istanze di compensazione consistono unicamente nella analisi sull’incidenza dei materiali presenti all’interno di lavorazioni complesse, da richiedere agli appaltatori ove la stazione appaltante non ne disponga.”.
Il Fondo in questione è il Fondo per l’adeguamento dei prezzi, costituito dal DL 73/2021 con dotazione di 100 milioni di euro per l’anno 2021, al fine di consentire alle stazioni appaltanti, in caso di carenza nel QE dell’appalto, di richiedere una dotazione aggiuntiva.
Ora, sebbene la norma si riferisca solo alla procedura per le compensazioni gestite sul Fondo – mentre più correttamente il legislatore avrebbe dovuto estendere la regola ad ogni compensazione non essendo ragionevole differenziale le cautela richieste per accedere ad un fondo statale da quelle che impieghino, per esempio, contribuiti gravanti sui bilanci di enti locali – è chiaro che l’intento dell’inciso sta nell’evitare che inizino balletti tra committenti e appaltatori, in cui ciascun Direttore dei Lavori si faccia interprete di quello che occorra, in termini di documentazione, per ammettere l’impresa alla compensazione.
Con questo obiettivo, la regola a cui si è appena fatto riferimento esclude ragionevolmente che possa essere chiesta documentazione aggiuntiva all’appaltatore al di fuori del caso considerato.
L’esigenza di semplificazione e non aggravio vale per tutti gli operatori, anche nell’ottica della tutela della concorrenza.
Sarebbe difficilmente giustificabile un maggior onere documentale per quelle imprese che non vedano la compensazione attinta dal Fondo statale, ma invece dai fondi comunali per esempio. Perciò, un allineamento nelle modalità operative di trattamento delle compensazioni sarebbe utile.
E allora perché alcune stazioni appaltanti chiedono alle imprese di fornire ulteriori giustificazioni a comprova della istanza di compensazione?
Perché ipotizzano che ciò sia necessario a tutela del denaro pubblico. Senonché non è certo immaginabile che possano sorgere contestazioni sulla sana gestione del denaro pubblico nei confronti di committenti che si conformino al trattamento previsto per il Fondo statale e, dunque, si attengano a chiedere giustificativi alle imprese solo ove si tratti di valutare l’incidenza di singoli materiali su lavorazioni complesse e non posseggano documentazione sufficiente o intendano agire in contraddittorio.
Caro materiali: i contratti maggiormente colpiti non accedono ai nuovi criteri di compensazione. Vediamo perché
Veniamo ora alle previsioni del nuovo Decreto, Sostegni ter. Le previsioni introdotte il 27 gennaio 2022 paiono riferirsi solo ai nuovi contratti,che verranno sottoscritti in seguito a gare indette successivamente alla predetta data e impongono di inserire, nelle regole di lex specialis, una clausola di revisione prezzi per gli appalti di servizi, forniture e lavori, e, per quanto riguarda questi ultimi, scrivono, di fatto, la clausola, prevedendo che la compensazione valga per la percentuale eccedente il 5 % e comunque (non più interamente al netto dell’alea, ma) in misura pari all’80% dell’eccedenza e nei limiti delle risorse disponibili nei QE all’interno delle somme accantonate per imprevisti, o comunque delle somme a disposizione o derivanti da ribassi d’asta.
Sono dunque esclusi dal nuovo meccanismo di revisione prezzi obbligatoria tutti i contratti già sottoscritti (con selezione pubblicata prima del 27 gennaio 2022): perciò, per i contratti “vecchi”, che contengono clausole di revisione, si continuerà ad applicare il regime di cui agli artt. 133 del D.Lgs n. 163/2006 oppure 106 del D.Lgs. 50/2016, a seconda della normativa che regge il contratto (ovviamente prendendo come riferimento per calcolare l’incremento dei materiali le valutazioni contenute, via via, nei Decreti Ministeriali che si succederanno); mentre per i contratti che non prevedevano clausole di revisione nessun sostegno è previsto per i lavori effettuati dopo il 2021.
In altri termini, la misura della compensazione post 2021 NON è più generalizzata, ma è diretta a favore solo dei contratti che verranno.
Anche per i contratti ammessi, è esclusa dalla compensazione la quota di lavori contabilizzati nell’anno solare di presentazione dell’offerta. Ovviamente questa regola trova la sua ratio nella presunta consapevolezza delle imprese, nell’anno di offerta, delle fluttuazioni dei costi, consapevolezza che però, se ci può essere in situazioni ordinarie, è invece da escludersi in condizioni eccezionali come quelle che il mercato delle costruzioni sta vivendo.
Così facendo il nuovo Decreto sottrae alla tutela che deriva dalla compensazione sia i contratti sottoscritti a valle di procedure di gara indette prima del 27 gennaio 2022 sia tutti i lavori eseguiti e contabilizzati nel 2022 se l’offerta è stata formulata nel corso dell’anno. In pratica, non possono accedere ai nuovi criteri di compensazione quei contratti che maggiormente hanno subito l’influenza negativa dell’aumento dei prezzi.
Altri insoddisfatti, perché esclusi dalle nuove norme, saranno gli operatori che hanno presentato offerta nel 2021 per i lavori eseguiti e contabilizzati nel medesimo anno, perché non coperti dal Decreto sostegni ter (applicabile solo ad offerte presentate a partire dal 2022) né dal Decreto sostegni bis, che esclude dalla compensazione calcolata per il 2021 i lavori contabilizzati nell’anno 2021 con presentazione dell’offerta in quel medesimo anno, come da nota di chiarimento del MIMS.
Se in sede di conversione non si porrà rimedio a queste limitazioni, la compensazione prevista per le due annualità 2022 e 2023 non porterà alcun beneficio concreto alle imprese nell’anno 2022, perché, se la misura si applica alle gare indette post 27 gennaio, i lavori eseguiti e contabilizzati nei due semestri del 2022 saranno certamente frutto di un’offerta presentata nel medesimo anno e, perciò, esclusi ai sensi del comma 5 dell’art. 29 del DL n. 4/2022 e i contratti sottoscritti negli anni precedenti non potranno, in alcun caso, attingere al DL Sostegni ter.
Anche nel 2023, per i lavori eseguiti e contabilizzati in quell’anno e per gare svoltesi nel 2022 con offerte presentate nel 2022 – perché se l’offerta è presentata nel 2023, la compensazione non potrà essere riconosciuta per quell’anno – sarà comunque difficile ottenere la nuova forma di compensazione, dato che, modificando sotto diverso aspetto le previsioni del DL Sostegni bis, è ora previsto che la compensazione sia riconosciuta a seguito di verifiche del Direttore dei Lavori circa la maggiore onerosità subita dall’esecutore “e da quest’ultimo provata con adeguata documentazione, ivi compresa la dichiarazione di fornitori o subcontraenti o con altri idonei mezzi di prova”.
Non c’è compensazione per quei lavori che non rispettano il cronoprogramma
Ed inoltre la nuova norma lega l’istanza di compensazione ai lavori eseguiti “nel rispetto dei termini indicati nel cronoprogramma dei lavori.”. Il che sovrappone due tematiche delicatissime in maniera semplicistica. La norma infatti nega la compensazione per qualsiasi mancato rispetto del cronoprogramma dei lavori, anche se tale circostanza potrebbe dipendere da cause non imputabile all’appaltatore. Perciò, per prevenire che interpretazioni letterali neghino la compensazione in casi in cui l’appaltatore non abbia colpe nel ritardo un chiarimento sarebbe più che opportuno.
In generale, si invita a riflettere sull’opportunità di mantenere il richiamo al rispetto del cronoprogramma: è inevitabile, infatti, che il collegamento tra ritardi e compensazione comporti un aumento del livello di conflittualità tra committente e appaltatore, con una moltiplicazione delle iscrizioni di riserve relative a scostamenti anche trascurabili rispetto al cronoprogramma, con incremento delle questioni devolute ai collegi consultivi tecnici, con probabili ulteriori esborsi (postumi) di denaro pubblico. È chiaro che la norma cerca di ingaggiare maggiormente l’appaltatore nell’impegno a rispettare i tempi del progetto, anche in vista dei termini stringenti previsti dal PNRR, ma la strada del condizionare la compensazione (che nasce per sostenere il caro prezzi) al rispetto del crono, così formulata, potrebbe avere l’effetto opposto. Per inciso, se quello è l’obiettivo, l’utilizzo di premialità di risultato, che compare proprio nella normativa del PNRR, potrebbe avviare un’azione comune verso obiettivi condivisi e partimenti convenienti.
In ogni caso, anche ove il Direttore dei Lavori si convinca dalla maggiore onerosità e verifichi il rispetto del cronoprogramma, ciò non basterà per avere la compensazione per intero: ai sensi della nuova disciplina la compensazione verrà riconosciuta, al netto del 5% (alea assorbita dall’impresa) e in misura pari all’80%. Ciò stride con il fatto che l’adeguamento dei prezzi non include tutti i costi assunti nel ciclo produttivo (si pensi ai maggiori costi finanziari assunti per anticipare i pagamenti) e pertanto una compensazione per intero (come quella che era prevista dal Decreto Sostegni bis) sarebbe stata maggiormente logica.
Conclusioni: necessario eliminare diversità di trattamento per evitare il rischio di gare deserte e lavori lasciati a metà
In definitiva, la diversità di trattamento che il Decreto Sostegni ter introduce nel settore non pare coerente con il principio di parità di trattamento e probabilmente sottende un favor legis per gli operatori ingaggiati nelle gare che stanno per essere indette con fondi PNRR che sovverte la logica dei sostegni alle imprese come conseguenze degli impatti negativi del COVID.
Meglio sarebbe introdurre l’obbligo per tutti i contratti di riconoscere la revisione prezzi, con regole univoche e a parità di condizioni per gli operatori del settore, eliminando il riferimento al rispetto del cronoprogramma e a probatio diaboliche che creino ulteriori oneri sulle impresze.
Nell’incertezza, il rischio di gare deserte e lavori lasciati a metà è grave.
La fortuna dei Decreti legge, in quanto provvedimenti provvisori, è che le previsioni introdotte possono essere discusse e riviste in sede di conversione e, per conseguenza, la legge di conversione può funzionare, tra l’altro, come miglioramento tecnico.
Una domanda, per i cultori dei dubbi amletici: la compensazione equivale ad un diritto al riequilibrio (dell’impresa) che comporta un dovere (dell’amministrazione)? La risposta al quesito non è peregrina, perché porta con sé conseguente in termini di correttezza (almeno sistematica) della conseguente disciplina.