Negli ultimi anni, il settore della gestione dei rifiuti urbani ha subito profondi cambiamenti che ne hanno modificato significativamente l’assetto. A partire dal 2018, la regolamentazione di questo settore è stata affidata, con legge n. 205/2017, ad ARERA (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente) che ha avviato un articolato percorso regolatorio volto ad uniformare la disciplina del settore sull’intero territorio nazionale, a partire dal tema della remunerazione del servizio, sia esso gestito da operatori economici selezionati con gara o affidato direttamente a società in house o miste.
Dopo il primo periodo regolatorio, avviato con la delibera n. 443/2019, la regolamentazione in materia di determinazione dei costi del servizio di gestione rifiuti si è ulteriormente evoluta con l’approvazione della delibera n. 363/2021 e dell’allegato MTR-2, contenente il c.d. “Metodo Tariffario Rifiuti” per il secondo periodo regolatorio 2022-2025.
Tale metodo prevede l’aggiornamento delle entrate tariffarie di riferimento (i.e. TARI) sulla base del criterio di riconoscimento dei c.d. costi efficienti, ossia quei costi di esercizio ed investimento del servizio integrato dei rifiuti che trovano giustificazione nella migliore tecnica imprenditoriale di gestione in condizioni di efficienza ed economicità che i Comuni (e gli altri concedenti), pertanto, sono tenuti a riconoscere al concessionario (Cons. Stato, sez. II, 24 luglio 2023, n. 7196).
In questo contesto, gli Enti concedenti (per il tramite degli Enti d’Ambito – EGATO e, in Lombardia, stante l’assenza di tali Enti sovracomunali, direttamente i singoli Comuni) si sono trovati a valutare il rapporto (e gli effetti) delle nuove prescrizioni regolatorie rispetto alle specifiche gestioni del servizio in essere.
Il caso problematico concerne, quindi, i contratti di appalto del servizio di gestione dei rifiuti affidati all’esito di una procedura a evidenza pubblica antecedente all’entrata in vigore del nuovo metodo regolatorio e, dunque, strutturati sulla base di una offerta tecnica ed economica alla quale il concorrente si è vincolato in quanto ritenuta congrua e conveniente. Il Comune è tenuto ad applicare le previsioni del contratto (che spesso prevedono un corrispettivo ribassato rispetto alla base di gara) o ad esse prevalgono le regole del MTR-2 e, dunque, i costi del servizio saranno determinati sulla base della regolazione ARERA indipendentemente dal contratto stipulato con il gestore?
Sul punto, i TAR (TAR Toscana, sez. II, 8 gennaio 2024, n. 26; TAR Puglia, sede di Lecce, sez. II, 8 aprile 2024, n. 484; TAR Lombardia, sede di Milano, sez. I, 30 giugno 2024, n. 1249; TAR Lombardia, sede di Milano, sez. I, 17 agosto 2024, n. 1938) hanno rimarcato l’efficacia eterointegrativa della regolazione ARERA, che trova fondamento, anzitutto, nell’art. 2, comma 12, lett. h) e comma 37, della legge n. 481/1995 istitutiva di ARERA e ulteriore conferma sia con riferimento alla metodologia tariffaria MTR (cfr. art. 23 del Documento per la Consultazione 713/2018/R/RIF) sia allo schema di contratto tipo (cfr. Deliberazione 643/2022/R/rif del 29 novembre 2022). L’eterointegrazione, basata sul riconoscimento della prevalenza dell’esercizio del potere di regolazione dell’Autorità sulle pattuizioni contrattuali, comporta l’automatica sostituzione delle clausole contrattuali, in forza degli artt. 1419, co. 2 e 1339 del Codice civile.
A fronte della regola della c.d. eterointegrazione, resta critico il nodo del rapporto tra le modifiche regolatorie e i principi guida dell’evidenza pubblica.
In particolare, una applicazione “indiscriminata” dell’eterointegrazione potrebbe costituire il presupposto per richieste di riconoscimento e rimborso di costi che, al momento dell’aggiudicazione, non erano stati pattuiti e potrebbe finire per rendere irrilevante l’offerta dell’aggiudicatario nonché, dunque, gli impegni assunti nei confronti dell’amministrazione per ottenere l’affidamento e superare i concorrenti.
A chiarimento, è di recente intervenuto il TAR Brescia con la sentenza sez. I, 19 settembre 2024, n. 747 che, richiamando il proprio precedente di cui alla sentenza del 28 giugno 2024, n. 580, ha prospettato una interpretazione che contempera l’eterointegrazione con i principi della concorrenza e dell’evidenza pubblica.
La pronuncia, in estrema sintesi, ritiene che il sistema di eterointegrazione dei contratti debba applicarsi in automatico solo laddove comporti un favor per l’amministrazione concedente e non invece in caso contrario, impendendo così che il meccanismo in parola possa falsare l’esito di una precedente gara pubblica o provocare squilibri insostenibili nei rapporti contrattuali tra enti pubblici e concessionari.
Nello specifico, la pronuncia afferma che “un’eterointegrazione che operasse in aumento rispetto ai prezzi pattuiti tra gli enti territorialmente competenti e i gestori, sarebbe in contrasto con la finalità di assicurare «condizioni di efficienza ed economicità della gestione», alla quale, secondo l’espressa previsione dell’art. 1, co. 527, legge 205/2017, deve essere orientato il potere regolatorio di ARERA, e che quest’ultima nelle proprie delibere dichiara ripetutamente di voler perseguire. Infatti, in presenza di un prezzo più conveniente per l’ente pubblico, frutto dell’esperimento di una procedura di gara per l’affidamento del servizio di gestione dei rifiuti, l’automatica elevazione di tale prezzo fino al prezzo massimo risultante dall’applicazione del metodo tariffario introdotto da ARERA, e delle sue successive modifiche che via via intervengano nel corso del tempo, determinerebbe una perdita di efficienza nella gestione del servizio, per il quale, a parità di qualità, dovrebbero essere impiegate maggiori risorse economiche da parte dell’ente pubblico, da recuperare presumibilmente con un incremento della TARI”.
Ed ancora, è stato significativamente rilevato che “un’eterointegrazione che operasse anche in aumento rispetto ai prezzi pattuiti, inoltre, non si concilierebbe con la disciplina di derivazione europea delle gare per l’affidamento del servizio, che con quell’eterointegrazione in aumento potrebbe essere facilmente elusa, qualora un concorrente si aggiudicasse la gara con un’offerta economica bassa ma poi, in corso di esecuzione del contratto, proponesse un p.e.f. con costi maggiorati, che fosse approvato dal Comune: in questo modo l’offerta economica bassa, che aveva consentito all’operatore di aggiudicarsi la gara, verrebbe sostanzialmente superata e sostituita con un prezzo maggiore a carico del Comune”.
In altri termini, secondo il TAR Brescia, l’eterointegrazione si blocca laddove vi siano delle previsioni di gara o di contratto che, se stravolte, potrebbero, di fatto, annullare le risultanze del confronto competitivo.