Il 13 maggio scorso è stata diffusa la nuova bozza dello Schema di regolamento di esecuzione, attuazione e integrazione del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, recante «Codice dei contratti pubblici», elaborata dalla Commissione di supporto giuridico-amministrativo per l’esame dello schema di regolamento unico nominata dal MIT. Si tratta della terza bozza dello schema di Regolamento attuativo del Codice, ai sensi dell’art. 216, co. 27-octies del Codice medesimo; il testo deve ancora essere trasmesso al Consiglio di Stato per il parere obbligatorio (oltre che alla Corte dei Conti, alle Commissioni parlamentari e alla Conferenza unificata Stato-Regioni). Si attende comunque una pubblicazione definitiva entro la fine dell’anno in corso. La bozza di Regolamento non parla espressamente di Building Information Modeling, ma riprende l’espressione utilizzata dall’art. 23 del Codice dei contratti «metodi e strumenti elettronici»per la progettazione delle opere pubbliche, pur senza dettare quella disciplina di dettaglio che sarebbe utile all’impego sul campo della modellazione digitale.
I 315 articoli della bozza di Regolamento al Codice dei contratti pubblici, destinati a semplificare ed attuare il D. Lgs. n. 50/2016 – a sua volta 220 articoli con XXV Allegati – ancora non disciplina la progettazione tramite Building Information Modeling.
L’art. 82 della bozza di Regolamento riprende le disposizioni in materia di BIM, invece omesse nella bozza dell’autunno 2019, e prevede che le stazioni appaltanti adeguino le loro strutture, adottando:
- un piano di formazione del personale;
- un piano di acquisizione o di manutenzionedegli strumenti hardware e software di gestione digitale dei processi decisionali e informativi, adeguati alla natura dell’opera, alla fase di processo ed al tipo di procedura in cui sono adottati;
- un atto organizzativo che espliciti il processo di controllo e di gestione delle singole fasi della procedura, l’identità dei gestori dei dati e le modalità di gestione dei conflitti.
L’art. 82, commi 3 e ss., dello schema di Regolamento prevede poi una serie di altre disposizioni che riprendono, per la maggior parte, le previsioni contenute nel Decreto Baratono.
È specificato che le stazioni appaltanti utilizzano piattaforme interoperabili a mezzo di formati aperti non proprietari. I dati gestiti sono connessi in modelli informativi multidimensionali orientati a oggetti secondo formati digitali anch’essi aperti e non proprietari, in modo che le informazioni prodotte e condivise tra tutti i partecipanti al progetto, alla costruzione e alla gestione dell’intervento, siano fruibili senza che ciò comporti l’utilizzo esclusivo di applicazioni tecnologiche commerciali individuali specifiche.
Viene confermato il ruolo centrale dell’ambiente di condivisione dei dati (c.d. CDE), il luogo all’interno del quale si svolgono i flussi informativi che riguardano la stazione appaltante e tutti i soggetti in gioco in un dato progetto, attraverso un processo di correlazione e di ottimizzazione tra gli stessi flussi informativi digitalizzati e i meccanismi decisionali che riguardano il singolo procedimento.
Si specificano inoltre i contenuti che deve avere il capitolato informativo (c.d. EIR, ossia il documento che esprime le esigenze dell’affidatario del progetto in termini informativi), da allegarsi alla documentazione di gara per l’espletamento di servizi di progettazione o per l’esecuzione di lavori o della gestione delle opere:
- i requisiti informativi strategici generali e specifici, compresi i livelli di definizione dei contenuti informativi, tenuto conto della natura dell’opera, della fase di processo e del tipo di appalto;
- tutti gli elementi utili alla individuazione dei requisiti di produzione, di gestione e di trasmissione ed archiviazione dei contenuti informativi, gli elementi giuridici e contrattuali, in stretta connessione con gli obiettivi decisionali e con quelli gestionali. In particolare, può includere il modello informativo relativo allo stato iniziale dei luoghi e delle eventuali opere preesistenti.
Il capitolato informativo deve essere comunicato anche ai subappaltatori e ai subfornitori cui è fatto obbligo di concorrere con l’aggiudicatario, con riferimento alle diverse fasi del processo di realizzazione o gestione dell’opera, nella proposizione delle modalità operative di produzione, di gestione e di trasmissione dei contenuti informativi attraverso il piano di gestione informativa. Far riferimento alla filieracoglie un aspetto non secondario, essenziale alla digitalizzazione, cioè la creazione di team di lavoro in una logica di rete. Sarebbe semplicistico pensare che la comunicazione di cui sopra realizzi lo scopo, ma, se presa sul serio, la relazione con la filiera porterà a mutare la tradizionale segregazione dei contratti tra loro.
I principi dunque sono stati enunciati, quello che ancora manca sono i contenuti e una prassi consolidata, che permetta alla modellazione digitale di essere il normale strumento di progettazione, costruzione e gestione degli immobili e delle infrastrutture pubbliche.
La strada di predisporre capitolati informativi tipo, bandi di gara tipoe modelli di accordi di collaborazione, nei quali far confluire processi di condivisione di informazioni, disciplinare le responsabilità e i diritti di proprietà intellettuale sarebbe un percorso interessante e altamente qualificante. Nel Regno Unito, per esempio, l’insediamento di gruppi di lavoro interdisciplinari non autoreferenziali, di caratura istituzionale, volti a monitorare le digital skills e incaricati di effettuare ricerche e proporre buone prassi continua a promuovere il comparto construction.
Talvolta l’introduzione di un obbligo è l’unica via per ottenere un risultato. Ora che l’obbligo è stato introdotto, occorre approfondire gli strumenti rammentando gli obiettivi ai quali l’obbligo ha puntato.
Intanto, offriamo alcuni spunti di riflessione, al regolatore e anche al comparto industriale, in merito a diversi aspetti cruciali, che ancora sono da disciplinare.
Anzitutto, va ammesso che anche il committente più evoluto, se non specializzato, non è in grado di tradurre ancora le proprie aspirazioni in richieste che guidino l’offerta. Questo perché la modellazione digitale richiede di destreggiarsi in un linguaggio tecnico che è appannaggio di specialisti. È per questo che la tipizzazione realizzata con il supporto di gruppi di esperti sarebbe di grandissimo aiuto, oltre ad evitare che si drenino risorse ed energie.
In secondo luogo, il legislatore dovrebbe riflettere sull’opportunità di individuare delle regole ad hocper le gare di lavori che si basino su un progetto in BIM. Questo perché la procedura di gara che il Codice immagina tarata sulla progettazione tradizionale, per il caso in cui l’esecuzione venga affidata sulla base di un progetto redatto in BIM, non è coerente con lo strumento digitale. Si coglie a proposito un paradosso che è il caso di discutere: il Codice disciplina ossessivamente ogni frammento della gara, lavorando su un sistema – quello della progettazione fatta di disegni e computi – che però il Codice stesso vuole superare gestendo la progettazione come un di cui di un processo di condivisione e di interpretazione di informazioni e dati dalla prospettiva molto più ampia.
È molto probabile che la netta separazione che il Codice del 2016 ha voluto introdurre tra progettazione esecutiva e lavori non sia coerente con l’utilizzo della modellazione digitale o, comunque, che vadano inseriti degli elementi di adattamento e delle forme di raccordo con l’esecutore per precisare il progetto, anche dopo l’aggiudicazione.
In terzo luogo, un tema che andrebbe definito è quello dei requisiti di ammissione, argomento delicato perché potenzialmente impatta sulla tutela della concorrenza e sul presidio della par condicio, che è uno dei principi guida della normativa europea e nazionale sulle procedure di selezione indette da parte di soggetti pubblici. Non si può pensare di introdurre l’obbligo del BIM ammettendo che partecipino alle gare pubbliche soggetti che non siano qualificati per utilizzarlo né si può pensare che possano valere, ai fini della qualificazione, delle “certificazioni” affidate ad un sistema di formazione non adeguatamente qualificato entro percorsi accademici specifici. Sul punto, la posizione espressa dall’ANAC, che ha suggerito la configurazione della modellazione digitale come elemento premiale e non come requisito di accesso convince davvero poco, perché implicherebbe il rischio di selezionare un operatore che non sia in grado di utilizzare la modellazione digitale e di governarne i relativi processi, compromettendo in questo modo l’attività di esecuzione del contratto.
Infine, ancora più importanti sono, a nostro avviso, gli efficientemente che dovrebbero riguardare la fase esecutiva. E qui il rischio è che lo strumento nuovo venga impoverito da figure professionali vecchie. Per esempio, se si continuerà a fare gli as built nel medesimo modo, se la direzione dei lavori non si evolverà, se la risoluzione di eventuali problematiche esecutive non sfrutterà le informazioni contenute nel modello, avremo fatto un passo avanti e due indietro.