Settembre 30, 2019

Appalti pubblici: cosa blocca lo sblocca cantieri?

by Martina Favini in Approfondimenti

Chi ha contato i decreti attuativi al Codice dei Contratti Pubblici introdotti dal D.L. 18 aprile 2018, n. 32, n. 32 che ancora mancano all’appello, ne individui circa una trentina. Senza contare il “nuovo” attesissimo Regolamento. Alcuni di essi sono essenziali perché riguardano direttamente la configurazione della riforma voluta dalle Direttive del 2014 e sono fondamentali perché il mercato dei contratti pubblici si arricchisca di contenuti positivi e promuova con seria credibilità lo sviluppo per il meglio della politica industriale del Paese.
Decreti che siano attuazione al Codice non ancora adottati, ma cruciali, riguardano, tra gli altri, l’organizzazione delle committenze, la qualificazione delle stazioni appaltanti, la qualificazione delle imprese e il settore delle costruzioni.
Per citare un esempio su tutti, sul tema dell’organizzazione delle committenze, ancora è lunga la strada da compiere verso una digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni che sia accompagnata da una accettazione da parte degli impiegati pubblici e da una coscienza critica adeguata. Il tema è spesso frainteso sotto diversi punti di vista. La digitalizzazione, nel mondo pubblico, non può mai essere considerata come un valore in sé; la digitalizzazione è utile alla crescita del comparto nel momento in cui è compresa da chi deve utilizzarla e calarla nella pratica. Il che richiede, inevitabilmente, programmi di formazione altamente professionalizzazioni e certamente onerosi, strumentazioni adeguate e soprattutto una nuova modalità di lavoro. Quando, guardando al mercato dei contratti, si richiede, cosa di cui dovrà occuparsi il decreto di cui dall’art. 44 del D.Lgs. n. 50/2016, di digitalizzare le procedure di tutti i contratti pubblici, al centro dell’attenzione deve starci non solo la creazione di banche dati e la necessità di interfacciarsi in maniera smart con i cittadini e con le imprese, ma anche un’esigenza più profonda, che è quella di risparmiare denaro pubblico, di migliorare le prestazioni e la coscienza dell’amministrazione, grazie alla conoscenza e all’aggiornamento dei dati. Date la specialità tecnica della questione, le partnership con il settore produttivo, in questo campo, sono una risorsa che potrebbe essere maggiormente valorizzata, coinvolgendo anche nel processo di apprendimento strutture di ricerca che possano mettere la conoscenza scientifica al servizio delle istituzionali.
Il decreto Sblocca Cantieri si era presentato come un’occasione di ripensamento interessante, sia dal punto di vista della riflessione scientifica e culturale sia da quello operativo. Il titolo che si era deciso di dare al D.L. 18 aprile 2018, n. 32, n. 32 ne rappresentava l’intenzione, ossia facilitare il percorso che avviasse la realizzazione di opere e infrastrutture pubbliche in situazioni di stallo per varie ragioni.
La scelta, però, è stata, purtroppo, quella di sovrapporre nuove norme alle norme precedenti. Ciò significa che, dal punto di vista dell’analisi comparata, mentre altri Paesi, come la Germania, hanno promosso una normativa strategica e leggera, l’Italia continua ad essere un Paese in cui domina l’ipertrofia normativa, spesso alimentata da ragioni che si possono sinteticamente dire “politiche”, nel senso che la politica esprime nelle norme i propri tentativi di cambiamento, per rappresentarsi agli elettori (sui limiti di questa prospettiva, si rimanda a S. Valaguzza, Governare per contratto, Editoriale Scientifica, Napoli, 2018).
Il paradosso della semplificazione che aggiunge invece che togliere, si conferma, quindi, nostro malgrado, un elemento caratterizzando della regolamentazione del mercato dei contratti pubblici.
La scelta di impostare l’intervento curativo del Decreto Sblocca cantieri su nuove norme è in controtendenza, tra l’altro, con le indicazioni che provengono dalle organizzazioni internazionali che analizzano i meccanismi di procurement. In particolare, con lo slogan tools not rules, che riassume il suggerimento che proviene da OECD e UNCITRAL. Poca considerazione è stata dunque dedicata agli esiti degli studi delle organizzazioni internazionali e non si intravede una specifica riflessione sulla Comunicazione della Commissione Europea del 3 ottobre 2017 in tema di appalti efficienti e sostenibili.
Qualcuno commenterà sorridendo sotto i baffi “nuovo lavoro per gli avvocati”, per noi invece è un’occasione persa per superare ambiguità e dare fiducia ad imprese ed amministrazioni.